La palafitta

Il Museo Speleo-Archeologico, ubicato in nel centro di Pertosa, rappresenta, dalla narrazione delle prime scoperte archeologiche alla descrizione dei reperti rinvenuti, una vera e propria “vetrina” per il sito delle Grotte di Pertosa-Auletta. Attraverso i più moderni supporti multimediali, il Museo catapulta il visitatore indietro nel tempo, fino all’Età del Bronzo, permettendogli di osservare da vicino elementi della quotidianità dei nostri antenati. Una fedele riproduzione in scala 1:1 di una porzione della palafitta domina l’ingresso nella prima sala espositiva. Ritti, correnti e traverse costituivano un solido sistema a maglie quadrate o rettangolari, fondamentale per la frequentazione della cavità in età protostorica.

 

Articolo F. Breglia, La palafitta protostorica. Indagini archeobotaniche, in Tra Pietra e Acqua

La stipe votiva

 

Il percorso museale è arricchito da una riproduzione, realizzata in base ai resoconti di scavo di uno dei primi scopritori del sito, Paolo Carucci, della cosiddetta “stipe interna”, un piccolo ambiente dedicato alla deposizione di oggetti rituali, testimonianza della vocazione cultuale della cavità sin dalle sue prime fasi di occupazione.  

La stratigrafia

 

Fulcro dell’esposizione museale è la riproduzione della stratigrafia archeologica del sito. Dall’alto verso il basso, o, per meglio dire, dal presente al passato, come in un libro da sfogliare strato dopo strato, il visitatore, nei panni di un archeologo, può scoprire le diverse fasi di occupazione delle Grotte di Pertosa-Auletta, raccontate dai reperti che, attraverso le riproduzioni inserite nella sezione stratigrafica, “parlano” degli uomini che li hanno prodotti.

 

I reperti

 

Alla fine dell’Ottocento tutto ciò che si conosceva sulla grotta era l’antegrotta, la parte di cavità ancora illuminata dalla luce proveniente dalla superficie. Paolo Carucci, professore di scienze naturali e medico, fu il primo a comprendere l’importanza archeologica del sito. Seguirono poi gli scavi di Giovanni Patroni e solo dopo circa 100 anni sono state riprese le indagini. I reperti rinvenuti dai due studiosi si trovano nel Museo Provinciale di Salerno, nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli e al Museo preistorico etnografico “Luigi Pigorini”. Sono ancora in fase di studio i reperti rinvenuti nelle tre indagini degli anni 2000.

Riproduzione del villaggio palafitticolo

 

Dagli studi svolti in questi anni da vari ricercatori si è potuto immaginare non solo come fossero state costruite le palafitte ma anche come era l’intero villaggio e quali attività svolgessero nell’antegrotta.

II piano: Nelle Terre dei Principi

 

La mostra “Nelle Terre dei Principi”, allestita al primo piano del Museo Speleo-Archeologico, racconta un momento storico cruciale per la formazione delle attuali comunità del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Il visitatore è condotto, passo dopo passo, lungo il percorso che, a partire dalla seconda metà del IX secolo, intere comunità italo-greche affrontarono per scampare alla minaccia araba, abbandonando la Sicilia e la Calabria per rifugiarsi nei territori del Principato longobardo di Salerno. Queste comunità monastiche, di cui è possibile ammirare testimonianze materiali, storico-artistiche e architettoniche, portarono dietro di sè intere comunità di contadini e artigiani, che si stanziarono stabilmente nelle Terre dei Principi longobardi. Le dimensioni e la pervasività del fenomeno migratorio in questa parte del Principato di Salerno è descritta in maniera esemplare dalle pergamene greche prodotte dalle comunità di Pertosa e Auletta, sorte intorno a due fondazioni monastiche italo-greche, che ancora nel XII secolo, in piena età normanna, facevano redigere in lingua greca dai notai locali i loro atti di compravendita, i testamenti, le donazioni, le permute.